MAGGIO 2020 – In base alle disposizioni dell’articolo 18 D.L. 23/2020, i contribuenti trimestrali, per i quali, il prossimo 18 maggio, scade il termine per la liquidazione dell’Iva del primo trimestre 2020, possono fruire del differimento al prossimo 30 giugno se il fatturato di aprile 2020 è inferiore di almeno il 33% rispetto a quello dello stesso mese di aprile del 2019.

È quanto emerge dalla lettura della citata disposizione, nonostante il chiarimento (non del tutto comprensibile), fornito dall’Agenzia delle entrate nella circolare 9/E/2020, sembri disporre nel senso di dover prendere in considerazione il fatturato dei mesi di marzo ed aprile (2020 e 2019).

Sul punto è opportuno osservare, in primo luogo, che l’articolo 18, comma 1, D.L. 23/2020 si riferisce genericamente a tutti i soggetti passivi d’imposta (imprese e professionisti) che abbiano il domicilio, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato, a prescindere quindi dalla forma giuridica, dal regime contabile adottato e, per quel che interessa in questa sede, dalla periodicità di liquidazione dell’Iva (mensile o trimestrale).

Premesso ciò, la norma prosegue indicando le condizioni per poter accedere alla sospensione del versamento dell’Iva (nonché delle ritenute e dei contributi), stabilendo che occorre aver verificato un decremento del fatturato di almeno il 33% (o di almeno il 50% per i soggetti con ricavi superiori a 50 milioni nel 2019) nel mese di marzo 2020 rispetto allo stesso mese del 2019 (per l’Iva che scadeva lo scorso 16 aprile), e nel mese di aprile 2020 rispetto ad aprile 2019 (per l’Iva che scadrà il prossimo 18 maggio).

Tale criterio, quindi, è identico sia per i soggetti che liquidano l’Iva mensilmente (per i quali la verifica del decremento impatta sulla liquidazione dell’imposta dovuta per il mese di aprile 2020), sia per coloro che fruiscono della possibilità di liquidare l’Iva con periodicità trimestrale (per i quali la verifica del decremento riguarda quindi l’imposta dovuta per il primo trimestre 2020).

Ricordando che il differimento è del tutto facoltativo (si consiglia di non avvalersene laddove vi siano le condizioni finanziarie che consentano di rispettare le originarie scadenze), la norma non pone quindi alcuna distinzione tra i soggetti interessati, e consente, in presenza delle condizioni descritte, di rinviare il versamento al prossimo 30 giugno 2020 in unica soluzione, ovvero in cinque rate mensili di pari importo a partire dalla predetta data, senza maggiorazione di sanzioni ed interessi.

In attesa del Decreto “Maggio”, in cui, probabilmente, sarà prevista un’ulteriore possibilità di slittamento dei versamenti, è appena il caso di osservare che, salvo proroghe (sicuramente necessarie), il prossimo 30 giugno si rischia un intasamento di scadenze, tenendo conto che alla stessa data scadono anche i termini per il versamento del saldo e del primo acconto delle imposte sui redditi (dovute sulla base del modello Redditi 2020).

In tale ambito, infatti, l’unica norma che ad oggi consente un “vantaggio” ai contribuenti è quella che prevede la possibilità di calcolare gli acconti per il periodo d’imposta 2020 con il metodo previsionale tenendo conto dell’80% dell’imposta che sarà dovuta (e non del 100%, come normalmente avviene).

Francamente, pare poca cosa rispetto a quello che le imprese e i professionisti hanno bisogno per far fronte ad un’estate e ad un autunno che si preannunciano certamente difficili.