1) INTRODUZIONE
Gli ambienti di lavoro e i relativi oneri in capo al Datore di Lavoro, trovano i riferimenti di legge all’interno del Testo Unico D.Lgs.81/08 e s.m.i.
In merito agli impianti elettrici lo stesso recita:
- Articolo 86 – Verifiche e controlli –> Ferme restando le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, in materia di verifiche periodiche, il datore di lavoro provvede affinché gli impianti elettrici e gli impianti di protezione dai fulmini siano periodicamente sottoposti a controllo secondo le indicazioni delle norme di buona tecnica e la normativa vigente per verificarne lo stato di conservazione e di efficienza ai fini della
L’articolo citato si riferisce ai controlli di tipo manutentivo degli impianti elettrici.
La necessità dei controlli viene esplicitato anche all’interno del D.M. 37/08 che recita:
- Art. 8. Obblighi del committente o del proprietario –> 2. Il proprietario dell’impianto adotta le misure necessarie per conservarne le caratteristiche di sicurezza previste dalla normativa vigente in materia, tenendo conto delle istruzioni per l’uso e la manutenzione predisposte dall’impresa installatrice dell’impianto e dai fabbricanti delle apparecchiature installate…
Per ciò che riguarda le verifiche di tipo ispettivo, il riferimento è il D.P.R.462/01.
- Art. 4. Verifiche periodiche – Soggetti abilitati –> 1. Il datore di lavoro è tenuto ad effettuare regolari manutenzioni dell’impianto, nonché a far sottoporre lo stesso a verifica periodica ogni cinque anni, ad esclusione di quelli installati in cantieri, in locali adibiti ad uso medico e negli ambienti a maggior rischio in caso di incendio per i quali la periodicità è biennale. 2. Per l’effettuazione della verifica, il datore di lavoro si rivolge all’ASL o all’ARPA o ad eventuali organismi individuati dal Ministero delle attività produttive, sulla base di criteri stabiliti dalla normativa tecnica europea UNI
Sulla base del D.Lgs.81/08, del D.P.R.462/01 e del D.M. 37/08 il datore di lavoro ma per quanto presente nel D.M. 37/08 anche lo stesso committente, proprietario o facente funzione, è tenuto sia a sottoporre gli impianti a controlli manutentivi periodici che a far effettuare verifiche ispettive sui propri impianti elettrici.
Le specifiche e i dettagli tecnici su come, su quale parte di impianto, sulla tipologia e soprattutto sulla frequenza di tali controlli periodici viene chiarita all’interno delle Norme del Comitato Elettrotecnico Italiano.
La norma di riferimento è la Norma CEI 64-8 ottava edizione entrata in vigore dal 1° dicembre 2021 ed in particolare la parte 6.
2) OTTAVA EDIZIONE 2021 DELLA NORMA CEI 64-8
La Norma ha subito diverse modifiche ed integrazioni in vari settori.
Modifiche nel settore della Prevenzione Incendi, in quelle riguardanti gli impianti residenziali, nella classificazione delle influenze esterne ed integrata con la parte 8 relativamente agli utenti passivi, in ultimo e oggetto della presente, sono state date precise indicazioni nella parte 6 relativamente alle verifiche, le misure e le prove da effettuarsi in fase di manutenzione impianti.
3) PERIODICITA’ DELLE VERIFICHE E MANUTENZIONI
Il concetto base introdotto dall’ottava edizione della Norma è una chiara periodicità dei controlli, oltre che delle specifiche sul come questo debbano essere effettuati.
Secondo la nuova norma (art. 6.5.2), l’intervallo di tempo tra due verifiche può essere di alcuni anni, ma comunque non superiore a cinque anni.
Dove esiste un rischio maggiore, possono essere richiesti intervalli più brevi, comunque non superiori a due anni, ad esempio per:
- luoghi a maggior rischio in caso di incendio;
- cantieri;
- locali medici;
- locali di pubblico
Nella norma precedente, la periodicità quinquennale o biennale, rappresentava un esempio; con la nuova norma, diventa un limite da non superare.
Il compito di stabilire la periodicità della verifica è del soggetto responsabile dell’impianto. Nei luoghi di lavoro, per quanto possibile, è opportuno programmare le suddette verifiche (controlli manutentivi) a metà del periodo intercorrente tra due verifiche di legge di cui al DPR 462/01, fig. 8.
Per gli impianti negli edifici residenziali è stata cancellata la nota che riteneva adeguata una periodicità decennale. Ai fini della frequenza delle verifiche periodiche in tali ambienti, dunque, si applicano le regole generali (2 o 5 anni).
- Ogni due anni nei cantieri, nei luoghi a maggior rischio in caso d’incendio e nei locali ad uso medico
o - Ogni cinque anni per altri luoghi
4) ESAME A VISTA
Nell’ambito delle verifiche periodiche, secondo la norma attuale, occorre effettuare un esame a vista integrato da opportune misure e prove, incluse almeno:
- la misura della resistenza di isolamento;
- la prova di continuità dei conduttori di protezione;
- la verifica della protezione contro i contatti indiretti; la prova funzionale dei dispositivi di protezione.
Secondo la nuova norma (art. 6.5.1.2), invece, individuare il tipo di prove da condurre per garantire l’adeguatezza dell’impianto nel tempo, diventa un compito del verificatore.
La nuova norma, infatti, si limita a indicare che la verifica periodica serve per assicurare:
- la sicurezza di persone e animali domestici contro i contatti diretti e indiretti;
- la protezione di persone e cose contro i danni da incendio dovuti a guasti nell’impianto;
- la corretta scelta e regolazione dei dispositivi di protezione;
- l’assenza di difetti, non conformità, danni o componenti deteriorati sull’impianto che possano comprometterne la sicurezza e funzionalità.
5) MISURE E PROVE
Nell’ambito delle misure e prove, le principali novità riguardano la misura della resistenza di terra, la misura dell’impedenza dell’anello di guasto e la prova degli interruttori differenziali.
Misura della resistenza di terra
Secondo la nuova norma (art. 6.4.3.7.2) quando non è possibile effettuare la misura della resistenza di terra, questa può essere calcolata.
La norma però non fornisce alcuna indicazione per stabilire quando non è possibile effettuare la misura della resistenza di terra.
Misura dell’impedenza dell’anello di guasto
Secondo la nuova norma (art. 6.4.3.7.1, punto A), in modo analogo alla misura della resistenza di terra, la misura dell’impedenza dell’anello di guasto deve essere effettuata quando possibile.
Quando non è possibile effettuare la misura, la nuova norma ritiene sufficiente verificare la continuità dei conduttori di protezione, a condizione che siano disponibili i calcoli:
- dell’impedenza dell’anello di guasto;
- della resistenza del conduttore di protezione (sezioni piccole).
Anche in questo caso, la norma non indica i casi in cui è possibile evitare la misura dell’impedenza dell’anello di guasto. E ciò sarà causa di inevitabili discussioni. Infatti, tenuto conto che per effettuare correttamente tale misura sono richiesti strumenti ad hoc (costosi) e che la sua esecuzione comporta spesso difficoltà pratiche, molti saranno tentati dal prendere la via più breve, anche se non necessario.
Prova degli interruttori differenziali
Secondo la norma attuale non occorre misurare il tempo di intervento degli interruttori differenziali.
Tale indicazione ha sempre trovato una parziale giustificazione nel fatto che, confrontare il tempo di intervento di un differenziale installato da tempo su un impianto, con i tempi stabiliti dalla norma di prodotto per i differenziali nuovi, sarebbe stato troppo severo.
La nuova norma (art. 6.4.3.7.1, punto B) supera tale impostazione e raccomanda di verificare che i tempi di interruzione dei differenziali siano inferiori a quelli richiesti ai fini della protezione dai contatti indiretti per interruzione automatica dell’alimentazione (Cap. 41).
Si tratta di un’indicazione forse giustificabile per i sistemi TN, non certo per i sistemi TT per i quali il Cap. 41 della norma stessa non stabilisce tempi di intervento, se non 1 s ai fini della selettività sui circuiti di distribuzione.
Nei sistemi TT, dunque, in attesa di eventuali chiarimenti, chi volesse accogliere la raccomandazione della norma dovrebbe riferirsi, a favore della sicurezza, ai tempi di intervento stabiliti dalle norme di prodotto dei differenziali (ricadendo nel problema che la formulazione della norma precedente intendeva evitare).
Nei sistemi TN, dove le correnti di guasto a terra sono elevate e dunque superiori a 5 Idn, un differenziale (non ritardato) dovrebbe intervenire entro 40 ms; controllare che intervenga, in accordo con il suddetto Cap. 41, entro 5 s o 0,4 s appare poco utile.
Fonte: Dott. Ing. Diego Lettieri