Roma, 28 febbraio 2023 – Apprendiamo con favore dell’ordine con cui il Senato, a chiusura dei lavori di conversione del decreto milleproroghe (D.L. 198/2022 convertito con legge n. 14 pubblicata sulla G.U. del 27 febbraio 2023, ndr), ha impegnato il Governo ad “avviare un percorso di ridefinizione delle soglie dimensionali o al meccanismo che determina l’obbligo di nomina dell’organo di controllo” (Ordine del Giorno n. G/452/19/1 e 5).
A normativa vigente, com’è noto, molte piccole s.r.l. si vedranno costrette “entro l’approvazione dei bilanci relativi all’esercizio 2022” (leggasi aprile 2023 o giugno nel caso di approvazione lunga) a nominare l’organo di controllo o il revisore. E’ quanto prevede all’articolo 379, comma 3, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (CCI) nella versione che, com’è noto, è stata da ultimo modificata ad ottobre 2021 (legge n. 147 di conversione del D.L. 118/2021) per le società a responsabilità limitata e le società cooperative già costituite alla data del 16 marzo 2019. Con le modifiche introdotte dal CCI l’obbligo di nomina scatta quando per 2 esercizi consecutivi (leggasi 2022 e 2021 per il bilancio 2022) sono superati anche uno solo dei limiti previsti dall’articolo 2477 CC ovvero: 4 milioni di euro di totale dell’attivo dello stato patrimoniale; 4 milioni di euro di ricavi delle vendite e delle prestazioni; 20 dipendenti occupati in media durante l’esercizio.
Durante i lavori parlamentari al milleproroghe (AS 452) il tentativo di rinviare di un ulteriore anno (ai bilanci 2023 in approvazione nel 2024) c’è stato. L’emendamento 3.64 in quota Lega (Sen. Mara Bizzotto ed altri) proponeva, infatti, la sostituzione delle parole “esercizio 2022″ con “esercizio 2023”.
Al netto dei buoni propositi a cui si ispira il nuovo Codice della Crisi d’Impresa, a giudizio di Confimi industria, sostiene Flavio Lorenzin Vicepresidente con delega su fisco e semplificazioni, “la proroga di un’ulteriore anno sarebbe stata opportuna”. In periodi di reiterata incertezza degli scenari economici e finanziari è, infatti, sempre poco opportuno gravare le piccole imprese di nuovi costi imponendo dinamiche difficilmente gestibili. Dinamiche che potrebbero azzerare l’innata capacità di resilienza dei soggetti suddetti (poco più di “micro” imprese se guardiamo alle definizioni comunitarie) con la conseguenza che l’effetto paradossale, prosegue Lorenzin, potrebbe essere la desertificazione di parte significativa del tessuto produttivo nazionale.
Si confidava, pertanto, nella saggezza dell’emendamento 3.64 che proponeva lo slittamento dei nuovi obblighi ai bilanci 2023, in attesa di scenari auspicabilmente più convincenti.
Nulla di fatto salvo – e su questo confidiamo – l’importante ordine del giorno che impegna il Governo ad avviare un percorso per la ridefinizione al rialzo delle soglie. I tempi sono stretti ed è necessario fare in fretta anche perché le nomine – che dovessero rivelarsi ex post non necessarie – vincolano le imprese per tre anni.